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La valutazione come causa di malessere o come strumento orientativo e migliorativo

A scuola si usano da anni  termini come controllo, interrogazione, correzione, sanzione… che si traducono in giudizi e voti. Oggi, però, si parla molto di valutazione formativa, autentica, autovalutazione …, ma in realtà cosa è cambiato realmente nelle classi?
Le parole cambiano … le pratiche valutative meno!
La funzione valutativa, intrinseca all’insegnamento, rappresenta un’esperienza quotidiana nel lavoro scolastico: infatti,  sarebbe piuttosto difficile promuovere o far acquisire competenze senza tener conto del livello dei prerequisiti prima e dei progressi poi. Tuttavia la valutazione in Italia risulta ancora poco compresa nei suoi significati educativi: sottovalutata nelle sue potenzialità formative, nei suoi effetti didattici e relazionali; spesso ridotta a un numero o a un semplice giudizio.

Le Indicazioni nazionali del primo ciclo del 2012 non dedicano molto spazio al tema della valutazione  ma le poche considerazioni espresse sono importanti  perché aiutano a considerare il problema nei suoi vari aspetti: valutazione degli apprendimenti; valutazione della scuola; valutazione del sistema di istruzione.

Anche nel recente Decreto legislativo n. 62/2017 (che abroga articoli o commi di disposizioni normative precedenti, in particolare della Legge 169/2008 e del DPR. 122 / 2009)  viene esplicitamente riconosciuto che il significato dominante della valutazione è quello formativo.

Cosa significa?

Per quanto riguarda gli studenti, la valutazione  formativa concorre al miglioramento degli apprendimenti e al loro  successo formativo e documenta lo sviluppo della loro identità personale. 

Per quanto riguarda i docenti, la valutazione formativa garantisce l’accompagnamento pedagogico degli alunni e stimola la  loro riflessività.

Chiaro è l’invito che il legislatore rivolge alle scuole ad occuparsi di valutazione e a riflettere sugli standard, discutendo sui livelli per familiarizzare con questi aspetti non molto presenti nella nostra  cultura valutativa e nella pratica quotidiana.

Troppo spesso la valutazione viene ancora percepita come un mezzo di selezione o promozione, un dovere necessario o, ancor più grave, uno “strumento di potere” da parte di molti docenti, e una incombente minaccia per gli studenti,  che rischia  addirittura di inquinare la relazione educativa.

Ecco perché molto spesso la valutazione è causa di  malessere, di evitamento e di dispersione scolastica!

Diventa, quindi, necessario che l’insegnante sia convinto dell’approccio pedagogico insito nella valutazione  formativa e che sappia esplicitarlo e socializzarlo agli allievi e alle loro famiglie. Solo in questo modo la valutazione può acquisire una nuova visione: da funzione temuta, a potenzialità educativa, ricoprendo un ruolo di guida, di orientamento, di monitoraggio, di feedback, di conferma. La valutazione dovrebbe essere caratterizzata sì dal giudizio di chi forma, ma un giudizio che mira al conseguimento di obiettivi, a produrre crescita e  apprendimento … e soprattutto un giudizio sui risultati via via conseguiti, non un’etichetta che cataloga per sempre, provocando ansie e inducendo inevitabilmente alla demotivazione e, spesso, all’abbandono scolastico.

A cura di Viviana Rossi e Maria Enrica Bianchi

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